L’atélier di Valerio Pegoraro: L’arte di raccontare con la creta

Busti in terracotta, natività, antichi mestieri. Tutti pezzi unici, ritratti di personaggi del passato e gente di paese.

L’atélier di Valerio Pegoraro: L’arte di raccontare con la creta
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L’atélier di Valerio Pegoraro: L’arte di raccontare con la creta

Una collezione di otto busti in terracotta bronzata, tutti pezzi unici, con i ritratti di Giovanni Contessa, Sergente Maggiore reduce dalla Russia, Francesco Meneghetti compositore della canzone «Monte Grappa, tu sei la mia patria», di Papa Francesco, dell'attuale sindaco Paolo Bordignon, del pittore Gianni Chiminazzo. Diverse statue classiche, per lo più copie del Canova, Natività e gruppi di antichi mestieri. Si respira storia e tradizione nell’atélier di Valerio Pegoraro, in Via Carlessi, un laboratorio che ha preso vita 25 anni fa e che si arricchisce ogni anno di originali sculture e nuova arte. Sua è la recente composizione donata all’associazione Fanti di Rosà con i ritratti dei Presidenti Giuseppe Bertoncello e Mario Baggio per celebrare il patto di amicizia tra Fanti e Alpini.  Classe 1939, nessuna scuola, ogni risultato è stato raggiunto da autodidatta.

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Com’è iniziata la sua attività di scultore?

«Ho sempre lavorato come ceramista, prima da dipendente, poi in proprio. Il mio lavoro era quello di calcare la creta nella forma, un’attività meccanica ma stimolante. E’ stato quando ho iniziato a realizzare le mie sculture che ho potuto davvero dare sfogo anche alla creatività. La mia prima opera è stata, cinquant’anni fa, un Apollo in ceramica. Poi, 25 anni fa, in occasione del matrimonio di mia figlia, ho realizzato un cavallo per tutti gli invitati. L’inizio ufficiale è stata la realizzazione del busto del Capitano Meneghetti, in occasione di una festa in Villa Dolfin. Da una piccola foto sono riuscito a ricavare il ritratto del Capitano. E’ stato per dare onore al compositore della Canzone del Grappa, un pezzo di storia del mio paese».

Come sceglie i soggetti delle sue sculture? Come nascono le opere?

«In genere vedo una foto che mi piace. Oppure seguo semplicemente l’istinto. Parto da un panno di creta. Realizzo l’ovale con la base del busto, modello le spalle, poi il viso partendo sempre dagli occhi, con ordine poi il naso e poi tutto il resto del volto. La scultura poi va resa leggera, quindi taglio la parte superiore della testa e svuoto il blocco. La creta va cotta in forno a 980 gradi per otto ore a cui seguono altre otto ore di raffreddamento. Eventuali crepe vanno coperte e aggiustate dopo la cottura. Alla fine va applicata la tinta di bronzo e l’invecchiamento. Quando lavoro voglio essere da solo. E’ l’unica pretesa. All’inizio c’è sempre un po’ di tensione, alla fine la soddisfazione è grandissima».

Oltre ai busti, la sua arte racconta anche di storia sacra e tradizione.

«Mi piacciono le Natività, la tradizione e gli antichi mestieri. Ogni statua con i propri caratteri. Il pittore, i migranti, l’elettricista, lo zampognaro. Per lo più sono ritratti di persone del nostro paese. Alcuni ben riconoscibili».

Quale progetto le piacerebbe realizzare?

«Mi piacerebbe ritrarre la mia famiglia. Mia moglie e le mie figlie Paola e Chiara. Sarebbe la soddisfazione più grande».

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