Riccardo: una vita oltre i confini

Dall’India al Myanmar, dalla Germania al Libano, dal Bangladesh al Ruanda e ora a Tokyo.

Riccardo: una vita oltre i confini
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Riccardo: una vita oltre i confini

Energico, determinato e coraggioso. Si tratta di Riccardo Lunardon, 26 anni, che mostra queste qualità non solo con le parole ma anche con i fatti. A dimostrazione il percorso dei suoi ultimi tre anni, trascorsi al di fuori dei confini del suo Paese. Laureato della triennale in economia all’università Ca’ Foscari di Venezia ha deciso che per imparare qualcosa di più aveva bisogno di altro. Così fa la valigia e nel marzo 2016 parte per l’India, dove affronta un master in «Data management and analysis» all’Indian Institute of Management a Lucknow, che si trova nello stato dell’Uttar Pradesh, il più popolato dell’India.

«Inizialmente vivere lì è stato davvero difficile. Un occidentale trasferito in un mondo così diverso fatica ad ambientarsi, non solo per la cultura differente, ma anche per il clima, il cibo e la povertà con cui ci si confronta quotidianamente. Poi nel momento in cui ti abitui diventi quasi dipendente, perché la montagna russa delle emozioni diventa parte di te. L’India la puoi odiare tanto quanto la puoi amare».

Nel mentre in cui si trovava immerso nell’Oriente non si è quindi fermato a frequentare le zone dell’università, ma ha viaggiato scoprendo gran parte del nord dell’India.

«Una delle scene più impressionanti a cui mi sono trovato di fronte è stata sicuramente a Varanasi. Qui nel momento in cui muori ti cremano sulle sponde del fiume Gange e poi gettano le tue ceneri nell’acqua. Questo, però, solo se il ciclo della tua vita è completo, al contrario, se un bambino o un giovane muore viene fasciato e gettato così com’è nel fiume».

Luoghi lontani, dagli usi e costumi completamente diversi da quello a cui siamo abituati noi occidentali.

«Tuttavia non ho mai avuto paura e ho scoperto modi diversi di approcciarsi alla vita. Tanto che nel momento in cui vivi in quei luoghi desolati ti rendi conto che la correlazione tra benessere economico e felicità delle persone è del tutto inversa. Ho fatto del mio meglio per catturare la genuinità della loro felicità e mi ha sconvolto la vita».

Ma la voglia di scoprire altri mondi è ancora tanta, così nel 2017 supera i confini e arriva in Myanmar, in passato chiamato Birmania.

«Ho trovato un lavoro di business analyst nella compagnia Shwe Taung Group. Qui ho trascorso quattro mesi. E’ stata una sfida a livello mentale, perché anche qui si affronta una realtà davvero dura e si viene catapultati in un mondo completamente diverso da quello che conosciamo».

Il giovane bassanese è poi tornato in Italia e qui lo shock è stato totale,

«non appena sono arrivato a casa in me c’era un insieme confuso di emozioni. Da un lato ero contento, dall’altro invece sono sorte numerose domande. Perché abbiamo così poca apertura rispetto a ciò che c’è nel mondo? Perché ci lamentiamo pur vivendo nella minoranza agiata del Pianeta? Lì ero abituato alle difficoltà di ogni giorno, ai miei limiti da superare, mentre qui trovavo la semplicità in ogni cosa. Dovevo mettermi in gioco di nuovo».

Per questo parte ancora una volta, ma per una tratta più breve. Si trasferisce in Germania, precisamente a Norimberga, dove trova lavoro come stagista in un’azienda ben nota: Puma. Approda nel 2017 e già all’inizio del 2018 conquista una posizione a tempo indeterminato come junior manager. Nell’aprile dello stesso anno, però, riesce a ritagliarsi due settimane per fare del volontariato in un campo rifugiati palestinesi a Tripoli, in Libano. Dopo qualche mese, a dicembre, arriva in Bangladesh, dove si trova di fronte ad un luogo desolato, conquistato dalle paludi e sottoposto alla brutalità dei cambiamenti climatici che colpiscono anche la stessa agricoltura. Qui trascorre cinque settimane ad insegnare inglese in collaborazione con la «JAAGO Foundation». In tale occasione, poi riesce a visitare il campo profughi dei Rohingya, un gruppo etnico gravemente emarginato e senza terra dove stare.

«In questa occasione sono stato ospitato anche cinque giorni in un villaggio a 12 ore di viaggio da dove risiedevo, in cui mi hanno trattato come un figlio. Lì sono così poveri che non hanno nemmeno le lacrime per piangere e nonostante questo ti riempiono di sorrisi e ti donano tutto ciò che hanno. Sono emozioni senza spiegazione possibile».

All’inizio del 2019 Riccardo ha ricevuto una promozione a manager, «è un posto incredibile dove lavorare, perché pur essendo un’azienda globale mantiene uno spirito familiare e offre la possibilità di lavorare in modo flessibile». Ma il 26enne non si ferma e se lo scorso maggio è stato in Ruanda con l’associazione «Togheter in sport Rwanda» per mettersi di nuovo a disposizione del prossimo, ora si trova a Tokyo, dove lavorerà fino alla fine del 2019, insegnando sistemi di business intelligence. La curiosità però spinge ad un’altra domanda.

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Quale sarebbe un tuo obiettivo futuro?

«In questi anni mi sono accorto che la popolazione del mondo ha bisogno di qualcuno che prenda dei rischi e spero che in futuro io riesca a mettere le basi per una realtà che unisca le mia capacità e la mia voglia di dare aiuto nei confronti del prossimo».

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